Descrizione
L’originale Rosso di Montelupo trattasi di un bacile piano a media tesa, con un diametro di 38 centimetri, realizzato nel 1509 nella bottega di Lorenzo di Piero Sartori, una delle più significative e attive botteghe montelupine, molto produttiva nel periodo rinascimentale, caratterizzata dalla sigla “Lo” sui suoi prodotti. La sua denominazione è dovuta a quel pigmento rosso – il colore che salta subito allo sguardo – che rimanda alle preziose e stupende maioliche di İznik, che per effetto del fuoco diviene di un rosso sanguigno e laccato. Gli artigiani locali lo utilizzavano in terza cottura in piccole quantità, ma nel caso del Rosso di Montelupo si nota un ampio uso di tale pigmento, tratto che lo rende molto vivo e piacevole alla vista.
Al centro del bacile, racchiuso da una ghirlanda dorata, è una sorta di cammeo di colore blu all’interno del quale è raffigurata una piccola testa di putto tra due cornucopie, sulla quale appare un cesto di frutta su cui è appoggiato un grande uccello. Ne segue una parte su sfondo rosso decorata a grottesca che raffigura teste di putti, piccoli fiori e fili di perle. La successiva parte con sfondo arancio, chiamata “ricasco”, ovvero la zona dove si uniscono la tesa e il fondo del bacile, è decorata con una fascia di trofei costituita da scudi, corazze, armi, tamburi e teste di leone e da due targhe sulle quali appare la scritta SPQR.
Molto più elaborata è la tesa dell’opera, ornata seguendo due differenti composizioni che si alternano l’una all’altra. Una è formata da una coppia di putti: entrambi tengono con una mano un filo di perle e con l’altra mano una specie di bastone che presenta sulla sommità la testa di un delfino. Tra i due putti, lo spazio è diviso orizzontalmente in due parti: in quella inferiore, di colore rosso, è raffigurato un granchio che con le sue chele tiene una targa, sulla quale appare la scritta SPQR o, in alcuni casi, SPQF, riferendosi quest’ultima al popolo fiorentino; nella sezione superiore, di colore giallo, si erige un vaso stilizzato dal quale parte il filo di perle tenuto dai due putti. L’altra composizione della tesa è costituita da una testa perlinata su sfondo blu che sembra emettere un grido: sotto questa appare una targa sulla quale è apposta la data 1509, anno di realizzazione dell’intero bacile, mentre nella parte superiore campita in giallo sono rappresentati trofei e nastri.
Si potrebbe affermare quindi che il capolavoro compiuto nella fornace di Sartori sia un ineguagliabile connubio di decoro a grottesca, per la cui realizzazione si è ricorsi alle più svariate composizioni e ai più vari elementi, anche celebrativi, e di campiture in differenti colori, come il blu intenso, l’arancione, il giallo e ovviamente il rosso brillante e sanguigno a cui si deve la denominazione dell’opera e la cui composizione rimane ancora misteriosa. Anche se si pensa sia ossido di manganese ricco di arsenico, importato dall’Anatolia.
La decorazione a grottesca su sfondo arancione creerebbe una connessione con la produzione senese di quell’epoca, poiché i senesi erano soliti utilizzare grottesche, figure con delfini e sfondi rossi e gialli, ma non c’è alcun dubbio che il Rosso di Montelupo sia un prodotto della fornace Sartori, una delle famiglie più illustri e rinomate di ceramisti montelupini, non solo per l’inconfondibile sigla “Lo” sul retro, ma anche per il ritrovamento di frammenti con decorazione a grottesca su campiture in giallo e arancione realizzati dallo stesso Sartori e rinvenuti nello scarico della sua fornace. La stessa forma del bacile rappresentava una novità per quel tempo: era una forma nuova, inconsueta, anche se Sartori si era ispirato in parte ai bacili di acquareccia e metallo utilizzati per raccogliere l’acqua che scendeva dalla brocca per lavarsi le mani.
Il celebre bacile faceva parte della collezione dei Rothschild di Parigi, importante famiglia di collezionisti d’arte e antichità e mecenati da generazioni e generazioni; apparteneva precisamente a Gustave de Rothschild, banchiere parigino morto nel 1912.
Dagli eredi di Gustave, il bacile era passato successivamente a un altro collezionista parigino, l’antiquario Alain Moatti, dal quale il Comune di Montelupo lo ha acquistato nel 2002 col preciso intento di donarlo al museo. Ora lo si può contemplare nel Museo della Ceramica di Montelupo: da Parigi la preziosa opera è tornata orgogliosamente nella sua terra di provenienza. Ammirare il Rosso di Montelupo è un’esaltazione della vista e un omaggio all’epoca produttivamente e qualitativamente più ricca e intensa della storia della ceramica di Montelupo, nonché a una delle botteghe più in vista del tempo.
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